Mura Antiche

Storia della città

Origini e primi secoli di vita

Tra il III e il II secolo a.C. la zona dove oggi sorge la frazione di Villa Potenza fu colonizzata dai romani che la chiamarono Helvia Recina. I resti del teatro romano del II secolo d.C. danno l'idea di una città di medie proporzioni e florida. La prima notizia certa dell'esistenza di Ricina risale al I secolo d.C. da parte di Plinio il Vecchio. L'antica Ricina si trovava lungo la via Salaria Gallica; al tempo dell'alto Impero risalgono i monumenti più importanti, il teatro di 72 metri di diametro era a tre ordini di gradinate e poteva ospitare circa 2000 spettatori [senza fonte], probabilmente era ricoperto di marmi (reimpiegati durante il Medioevo) con capitelli dorici e corinzi. Ancora bene riconoscibili sono: l'orchestra, la cavea e il frontescena in laterizio come prevedeva il teatro romano classico. Un'antica strada lastricata, il ponte romano sul fiume Potenza e i resti di ville decorate con mosaici pavimentali, danno l'idea dell'importanza del municipio di Ricina che Settimio Severo nel 205 elevò al rango di colonia e la ribattezzò col nome di Helvia Recina Pertinax, in onore del suo predecessore l'Imperatore Publio Elvio Pertinace. Durante il periodo dell'affermazione del cristianesimo il vescovo di Helvia Recina, Flaviano vi fu martirizzato nel III secolo circa.

Nel V o VI secolo le invasioni dei Goti costrinsero la maggior parte dei ricinesi a spostarsi sulle colline nacque così il centro medievale di Macerata. Discussa è l'etimologia del nome Macerata: alcuni storici affermano che derivi dalle maceriae dell'antica Helvia Recina altri sostengono che derivi da macera parola latina che indica il luogo dove si pone a macerare il lino e la canapa per lavorare poi la fibra tessile. Per molti secoli la città fu divisa in due "poggi", l'uno indipendente, l'altro sotto il controllo dei vescovi di Fermo. Nel 1138, dopo grandi lotte contro Fermo, Macerata ottiene la franchigia di libero comune. Il 29 agosto 1138 davanti alla pieve di San Giuliano i due poggi si unificarono ed il castello Castrum Maceratae dava il nome al nuovo comune, mentre il Podium Sancti Juliani (oggi sarebbe la zona della "cocolla" e parte delle "Fosse") portava la tradizione religiosa ed il suo protettore: San Giuliano.

Con la nascita del comune libero di Macerata viene creato uno stemma con una macina su uno scudo rosso con sopra una corona regia. La macina era un simbolo mutuato dall'antica Helvia Recina ed oltretutto rappresentava l'operosità dei maceratesi ed anche una peculiarità del territorio ricco di acque che servivano appunto all'alimentazione di molti mulini. Da ricordare che lo stemma cambiò nel 1570 quando venne aggiunta una croce greca rossa in campo bianco per concessione di papa Pio V, che era grato alla città per la partecipazione di alcuni suoi figli nella lotta contro i Turchi e per ricordare il concorso dei maceratesi alle crociate a partire dal 1188.

Nella lotta tra la Chiesa e l'Impero i maceratesi aderirono al partito ghibellino perché il re Enzo nel 1239 concesse al comune importanti privilegi sui castelli vicini. Successivamente la città passò al partito guelfo e come ringraziamento il pontefice diede carta bianca per l'istituzione di una sede universitaria, (attività didattica iniziata il giorno della festa di San Luca del 1290, Giulioso da Montegranaro I° docente); allo stesso momento però questo cambiamento di fronte fece irritare i ghibellini che nel 1316 attaccarono la città con un esercito capeggiato da Federico da Montefeltro che però fu respinto.

 

Il Trecento

Nel 1320 il papa Giovanni XXII punì le città di Fermo e di Recanati che avevano partecipato alla lega ghibellina, togliendo alla prima il territorio e alla seconda la sede vescovile che passò al comune di Macerata. Questo portò sia un aumento della popolazione, che allora era inferiore a quella di Fermo, a quella di San Severino Marche, a quella di Ascoli Piceno e ad altri comuni della Marchia, sia un aumento dell'importanza politica grazie alla sua fedeltà verso la Chiesa e grazie al fatto che venne scelta come residenza dei rettori e dei vicari della Marca anconitana.

Nel trecento, però, si evidenzia la crisi del giovane regime comunale e si aprì l'era delle Signorie. Macerata non fu estranea a tale cambiamento e intorno alla metà degli anni '20 del secolo la famiglia Malucci, di fede guelfa, divenne signora della città. Tale signoria durò fino alla metà del secolo cioè fino a quando il Papa, dalla sua sede di Avignone, diede mandato al cardinale Egidio Albornoz di riprendere con la forza il potere nella Marca anconitana. La città passò poi alla signoria dei Da Varano di Camerino, la cui spregiudicatezza nelle alleanze portò non pochi guai alla cittadina, che infatti fu attaccata nel 1377 dalle truppe del conte Lucio di Landau, che però dovette ritirarsi.

In questi anni furono costruite diverse chiese ed altre opere importanti per la città: Santa Maria della Porta (anche se la parte più antica risale agli anni 990-1000) che grazie alla confraternita dei flagellati la imbellirono con un portale in stile gotico in cotto, San Francesco (1316), Santa Maria alla Pace (1323) edificata per celebrare la pace tra guelfi e ghibellini, e la casa del podestà (1373) costruita in Piazza del Mercato.

 

Il Quattrocento

Il Duomo di San GiulianoDopo anni di pace e benessere la città, come tutta la zona circostante, fu occupata da Francesco Sforza nel 1433 che le impose la sua Signoria che terminò con una serie di battaglie, che vanno dal 1443 al 1445, che videro contrapposti gli Sforza da una parte e la Lega Santa (costituita da papa Eugenio IV, dal duca di Milano e dal re di Napoli) dall'altra. Gli amministratori della città molto abilmente presero la palla al balzo e riuscirono ad ottenere l'istituzione permanete della Corte Generale de lo Rectore de Sancta Chiesa; questo volle dire che Macerata divenne ufficialmente capoluogo della Marca anconitana [senza fonte] con il suo cambiamento da città agricola a città politico-burocratica con grande incremento della popolazione (grande immigrazione di notai, magistrati, soldati ed ecclesiastici).
Questo portò anche a ripensare alle misure difensive e per tale motivo si decise di costruire una cinta muraria a "scarpa" (cioè inclinate verso l'esterno) che includesse all'interno la zona di Porta Mercato (piazza compresa) e la zona di Porta Montana in più si decise di creare nuovi torrioni. La città cambiò il suo assetto in pochi anni: venne ricostruita la Cattedrale (1459-1464) e furono ristrutturati il Palazzo dei Priori e quello della Regione per adibirli a sede del Cardinale Legato, il 15 agosto 1477 si costruì in un solo giorno [senza fonte] la Chiesa Santa Maria della Misericordia, situata vicino al Duomo, definita dai maceratesi la "ciucarella" cioè la piccina. Dopo l'apparizione della Madonna ad una donna albanese fu costruita, fuori dalle mura, una chiesa denominata Santa Maria alla Fonte del Sabato ed insieme ad essa fu costruito un piccolo ospedale e delle casette (odierno quartiere di Corso Cairoli) che potessero ospitare i malati e tutti quelli che erano sospettati di avere la peste e che quindi erano espulsi dalla città. Alla fine del secolo si cominciò a costruire la Torre civica ma i lavori si bloccarono dopo pochi anni.

 

Il Cinquecento

Questo è sicuramente il secolo d'oro per la città; infatti in tali anni a Macerata c'è una fiorente vita sia a livello polito-burocratico sia a livello economico. Nei primi anni del secolo c'era grande pericolo di invasione da parte dei Lanzichenecchi e di altre truppe straniere, così si decise di concludere i lavori alla cinta muraria con uno splendido esempio di sistema bastionato sangallese che cingeva sia il Borgo Novo (Corso Garibaldi di oggi) sia il Borgo Vecchio (cioè Via Mozzi), tra Porta Montana e Porta Romana, con la costruzione di vari fortini penetrativi verso l'esterno i quali permettevano una migliore difesa-offesa. Nei primi anni si decise di ristrutturare la piazza centrale e tali lavori furono affidati in parte a Cassiano da Fabriano, che realizzò la Loggia dei Mercanti, e in parte all'architetto della Santa Casa di Loreto Lattanzio Ventura. Questi ridisegnano la forma della piazza che diventa trapezoidale, abbattono due chiese ed alcune case private, fu edificato il Palazzo Legatizio, il Palazzo allo Studio, che divenne la nuova sede universitaria (oggi è la sede del comune), si costruì un nuovo Palazzo comunale e ripresero i lavori per la costruzione della Torre civica, si ricostruì la Strada Grande (oggi Via Matteotti) e a fine secolo, vista la mancanza di spazio, si permise la costruzione di abitazioni fuori dalle mura e si ampliò il vecchio Borgo San Giuliano (chiamto oggi anche "Fosse" vista la sua notevole pendenza), si incominciò a costruire fuori porta Romana (oggi Corso Cavour) e soprattutto si rivitalizzò la zona creata nel secolo precedente per ospitare i malati di peste, cioè Borgo San Giovanni Battista (oggi Corso Cairoli). Gli abitanti di quella zona, chiamata fin d'allora "le casette", erano soprattutto contadini locali ed emigrati albanesi molto devoti al Cattolicesimo ma che venivano visti in maniera quasi ostile da gli altri abitanti della città [senza fonte].

L'edilizia privata vive un grande periodo; infatti vengono edificati: Palazzo Floriani (1531-1541), Palazzo Ciccolini (1546-1550), il così detto Palazzo dei Diamanti della famiglia Mozzi (1535), Palazzo Marchetti (1560), Palazzo Mozzi (1570), Palazzo Ciccotto Mozzi (1566). Anche per l'edilizia religiosa furono anni irripetibili con le seguenti costruzioni: la chiesa ed il monastero di Santa Croce (1503), la chiesa di Santa Maria delle Vergini (1550-1577) un'opera di Galasso Alghisi da Carpi, le chiese di San Liberato e San Rocco. Praticamente il secolo si conclude con una città completamente trasformata sia a livello edilizio che a livello urbanistico in senso stretto e soprattutto la città era in netta espansione.

 

Il Seicento

Dopo un secolo d'oro venne un secolo buio. Il papa Clemente VIII, con la bolla De Bono Regimine, accentrò tutto il potere politico-amministrativo a Roma; questo portò alla città una riduzione del territorio da essa controllato, meno peso politico all'interno dello Stato della Chiesa, una regressione a livello economico e demografico. Sia l'edilizia privata che quella pubblica fecero una brusca frenata con alcune eccezioni come il riassetto della strada nuova (odierno Corso della Repubblica), la costruzione di Porton Pio alla fine del quartiere fuori Porta Romana, l'allargamento della strada che portava al colle di Santa Croce. Nonostante questo si edificarono altre nuove chiese, quella di San Paolo (1623-1655) e quella di San Giovanni (1600-1655), la chiesa dei Gesuiti.

 

Il Settecento

L'accentramento del potere si fece risentire, a distanza di anni, anche a livello di attaccamento al Governo pontificio. Infatti all'interno del ceto borghese, che negli anni si era formato e rinforzato, c'era chi ammirava le prime idee illuministiche che venivano dall'estero, mentre con molta foga il clero combatté questa modernità.

Tale secolo vide le famiglie nobili, frustrate per l'esclusione dalla vita politica, investire in costruzioni di case e ville lussuose da menzionarne alcune come quella dei conti Bonaccorsi iniziata nel 1707 e finita nell'arco di 20 anni, Palazzo Asclepi-Salimbeni (1725), quello dei Compagnoni (1736), Palazzo Pellicani (1736) e grazie all'architetto Luigi Vanvitelli si deve Palazzo Torri (1738-1758), sempre di questi anni è l'atipico palazzo Costa (1756) mentre grazie a Giuseppe Valadier si devono l'originale Palazzo De Vico (1793) e il primo esempio di costruzione neoclassica a Macerata cioè Palazzo Ugolini (1793). L'edilizia religiosa registrò la nascita della chiesa di San Filippo, totalmente barocca, grazie all'architetto romano Giovan Battista Contini, venne ristrutturato il duomo e costruita San Giorgio (1792-1798). Tra il 1767 e il 1774 viene realizzato all'interno del palazzo comunale, affacciato sulla piazza maggiore, il tuttora esistente teatro tardobarocco su pianta a campana, oggi chiamato Lauro Rossi in onore del compositore maceratese vissuto nel secolo successivo; il progetto inviato allo scopo dal rinomato specialista Antonio Galli Bibiena venne ridotto alle giuste dimensioni del sito disponibile dall'architetto camerale Cosimo Morelli da Imola.

Il secolo si chiuse con l'arrivo dell'esercito napoleonico che era sceso in Italia ed aveva occupato anche le Marche; questo portò grande entusiasmo tra i borghesi e tra qualche popolano perché vedevano concretizzate le loro idee di giustizia e di libertà; la città fu aggregata alla Repubblica Romana nel 1798 con il grado di capoluogo del Musone [senza fonte]. Dopo alcuni momenti, vista anche la soppressione degli ordini religiosi e la forte pressione fiscale, l'entusiasmo si trasformò in un forte sentimento di reazione che nel 1799 sfociò in un duro moto che costrinse le truppe napoleoniche a fuggire dalla città. Queste però tornarono più forti di prima e dopo cinque giorni di battaglia, il 5 luglio, riuscirono a fare una breccia ed ad entrare dandosi al saccheggio, alla profanazione di chiese e all'assassinio di circa 360 persone [senza fonte] di cui molti di classi disagiate che abitavano nei quartieri fuori le mura, come le "Fosse" e le "Casette", che vennero visti come i più probabili responsabili dei moti.

L'Ottocento

Le cannonate francesi, oltre ai morti, fece gravi danni a Porta Romana e così si decise di sostituire la porta con una cancellata in ghisa, da quel giorno la zona viene chiamata "i cancelli". Costituitosi il Regno Italico venne elevata al rango di capoluogo del dipartimento del Musone [senza fonte] (1808-1814). Nel maggio del 1815 vide lo sbandamento delle truppe di Gioacchino Murat battute dagli austriaci nella battaglia di Tolentino.

Nel 1817 a Macerata c'è la prima insurrezione Italiana di stampo carbonaro [senza fonte], infatti grazie all'adesione di alcuni reduci delle armate napoleoniche e murattiane si organizzò a Macerata una "vendita massonica" che aderì come detto alla carboneria. Aldilà del goffo tentativo, subito represso dalle autorità, esso rappresentò la voglia di libertà e la presa di coscienza dei propri diritti da parte della popolazione. Nel 1832 l'ingegner Innocenzi e l'architetto Aleandri costruiscono lo Sferisterio che serviva da stadio per il gioco del bracciale e per altre attività; tale opera, occorre ricordarlo, fu incastonato perfettamente tra Piazza Mercato, il quartiere le "casette" e la "cocolla" per costruirlo venne abbattuta e poi ricostruita la Porta Mercato. Molti maceratesi presero parte nel '800 alle campagne per l'indipendenza dell'Italia. Nel gennaio del 1849 Giuseppe Garibaldi soggiorna a Macerata per costruire la legione maceratese, che a Roma, provò invano a salvare la Repubblica Romana, e che rifulse per valore nella battaglia di Porta San Pancrazio; su una lapide nel palazzo comunale è riprodotta la lettera che Garibaldi diresse ai Maceratesi. Lo stesso Giuseppe Garibaldi fu eletto proprio a Macerata come deputato alla costituente [senza fonte] della sopracitata neonata repubblica.

Dopo la battaglia di Castelfidardo, che vide l'esercito del pontefice uscirne sconfitto da quello dei Savoia, e il seguente plebiscito del 4 novembre 1860 che portò le Marche ad annettersi al neonato Regno d'Italia la città, forse perché era stata da molto fedele al potere dei Papi, o forse perché fino ad allora aveva sempre tenuto in mano i poteri politici-amministrativi regionali, venne punita. Infatti l'università perse tre facoltà a vantaggio di Ancona e sempre a vantaggio dei dorici andò il Comando militare e la Corte d'appello del tribunale. Chiaramente questo creò non pochi disagi alla città che perse di colpo il suo prestigio esercitato in un piccolo stato e si ritrovò ad essere una piccola città in un grande Stato. In questo secolo così travagliato occorre ricordare che in città fu costruito il nuovo manicomio in stile neoclassico e in cotto, la Loggia del Grano (1841) e ricostruita la facciata della chiesa di Santa Croce. Il nuovo Stato non è un sinonimo solo negativo per i maceratesi che infatti cominciano ad appassionarsi alla nuova vita sociale e alla politica che gli viene offerta. Molti in città non possono votare, visto che il diritto al voto è legato al reddito, e una buona parte che ne ha diritto non vota seguendo il non expedit di papa Pio IX. Occorre però dire che nonostante tutto questo in molti si appassionano alla politica e come a livello nazionale anche a livello comunale nascono le prime associazioni di mutuo soccorso, circoli (come quello garibaldino del Giardinetto) e partiti politici: repubblicano (che aveva poco seguito in città), liberale seguitissimo da molti abitanti del centro e dai borghesi in genere, infine il socialista con i quartieri più popolani attratti da tali idee. I socialisti erano forti soprattutto nello storico quartiere rosso delle "casette" che equivale come già detto all'odierno Corso Cairoli. Con il nuovo arriva anche la tecnologia con l'erogazione dell'energia elettrica che apriva la strada dello sviluppo industriale, ma soprattutto arrivò la ferrovia che collegò la città alle grandi vie di comunicazione.


Il Novecento

Il secolo si apre con la città che incomincia una lenta crescita demografica e con gli abitanti che pian piano incominciano a costruire case private anche fuori dalle mure. Tre quartieri in particolare cominciano a formarsi: il primo di stampo borghese è quello della zona della stazione dove vengono edificate le case dei più benestanti del tempo, un altro quartiere di benestanti venne creato vicino Piazza Dell'Armi (lo stadio dei Pini di oggi) in due punti distinti uno dietro l'odierno Corso Cavour (via Morbiducci) ed un altro punto era l'odierno viale Carradori, infine fu ampliato il quartiere popolare di "Villa Ficana" che sorge sul colle di Santa Croce. Sempre in questi anni si edificarono la chiesa dell'Immacolata (1893-1917) situata in pieno Corso Cavour e la chiesa di Corso Cairoli nominata Sacro Cuore (1909-1913).

La guerra di Libia rinfocolò gli attriti tra i partiti che si trovarono alle prese con una grave crisi internazionale. Anche a Macerata ci furono dei contrasti tra gli interventisti del partito nazionalista, capeggiato da Mazzantini, e i neutralisti del partito socialista (che in realtà era diviso in due correnti); questa tensione sfociò in un'aggressione da parte dei socialisti ai nazionalisti durante una conferenza pro-intervento di Cesare Battisti. Molti Maceratesi presero parte alla Grande Guerra formando la "Brigata Macerata" che si fece segnalare per il grande coraggio con cui andava in battaglia. Dopo la guerra, anche a Macerata, ci furono gravi problemi di ordine pubblico per motivi politici; infatti dopo la marcia su Roma i fascisti anche in città presero il potere e diedero la caccia ai nemici di sempre entrando dentro la sede dei socialisti, bruciando la casa del popolo e devastando alcune osterie del quartiere le "casette". Per fortuna della città due podestà moderati (Benignetti e Magnalbò) evitarono gravi atti di intolleranza da parte delle squadracce, e promossero opere pubbliche. Nonostante questo nel 1926 si tenne in città il Congresso nazionale della FUCI con la partecipazione di monsignor Montini e si verificarono forti contestazioni da parte dei fascisti, preludio alla soppressione dei circoli di Azione Cattolica (1931). Da menzionare le opere fatte in questi anni: Palazzo delle Poste (1922), Palazzo degli Studi (1931), lo Stadio della Vittoria (1926) dove giocava la Maceratese, l'adiacente Monumento ai Caduti (1928-1932) e con l'abbattimento del Porton Pio si ha la creazione della scenografa Piazza Della Vittoria che servì anche per facilitare la viabilità della zona, Palazzo del Mutilato (1938) infine è da menzionare il Palazzo del fascio (oggi vi è il catasto) sito in Piazza Mercato (Piazza Mazzini) appena dietro lo Sferisterio.

Nel 1943 dopo la caduta del fascismo molti cittadini scesero in piazza per festeggiare, ma la felicità durò poco visto che l'occupazione nazista arrivò senza remore anche a Macerata. I bombardamenti degli alleati colpirono il quartiere di Corso Cavour (fu distrutta la Caserma Castelfidardo) e quello di Corso Cairoli (vicino c'era il Distretto militare oggi è la sede dell'anagrafe e di altri uffici comunali) e non mancarono morti e feriti soprattutto fra le donne. Macerata venne definitivamente liberata nell'aprile del 1944 dalle truppe polacche appartenenti alle forze alleate. Da segnalare che a guerra finita fu pestato a morte un noto fascista della città, e dopo averlo trascinato per le vie cittadine attaccato ad un carro trainato dai buoi, fu impiccato a testa in giù vicino allo Sferisterio.

L'economia torna a girare soprattutto grazie all'agricoltura, al commercio e al terziario vero motore economico della città nel '900. Intorno agli anni cinquanta il problema principale fu quello di trovare un tetto per i moltissimi sfollati così si ampliarono diverse zone (le Casette, le Fosse, Ficana e le Vergini) e si crearono nuovi quartieri popolari come: la Pace, le Casermette (cioè San Francesco), il rione Marche e nei decenni successivi le Due Fonti, Collevario e Colleverde. Negli anni ottanta la città tocca il suo massimo picco demografico grazie anche all'edificazione di case popolari a Piediripa, Sforzacosta e Villa Potenza. Nei primi anni '90 come in gran parte d'Italia arriva una ventata d'immigrazione che non porta grande criminalità soprattutto grazie alla buona integrazione.

 

Nuovo millennio

I primi anni del nuovo millennio sono da ricordare per la creazione di villette a Corneto ed appartamenti nel quartiere Vergini. La città è caratterizzata da una certa qualità della vita che ancor oggi la rende una delle città più vivibili grazie anche ai molti punti "verdi" situati in diverse zone: i Giardini Diaz, Villa Lauri, il Sasso d'Italia e vari piccoli spazi verdi che sono presenti in tutti i quartieri cittadini.
Nel 2006 sono iniziati i lavori per la realizzazione della galleria di collegamento tra la zona di "Due Fonti" e "Fontescodella"; i lavori sono stati ultimati a fine 2007 e l'apertura è avvenuta nel novembre 2008. Tale opera, la più importante degli ultimi decenni, rende più rapida la viabilità tra la valle del Potenza a quella del Chienti, evitando di attraversare l'area più urbana della città.

 


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